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+ 8 °C
Significato di alcuni parametri rilevati dalla stazione meteorologica di Russi (RA).
-Temperatura percepita e windchill-
Nell'ambito della meteorologia e in alcune discipline affini alla medicina (come la fisiologia) viene definita la cosiddetta temperatura percepita, ossia la sensazione di "caldo" o di "freddo" che viene avvertita; essa è dovuta non solo alla temperatura effettiva, ma anche ad altre condizioni ambientali. Per esempio l'umidità dell'aria può aumentare la sensazione di caldo, mentre il vento può aumentare la sensazione di freddo.
La ragione per cui l'umidità dell'aria può aumentare il disagio correlato alla sensazione di caldo è che un contenuto maggiore di vapore acqueo nell'aria rende meno agevole l'evaporazione di acqua contenuta nel sudore, processo fondamentale per il corpo umano per liberare calore in eccesso. Invece, la ragione per cui il vento può aumentare il disagio correlato alla sensazione di freddo è che esso aumenta la velocità con cui il corpo disperde calore.
Per misurare il disagio legato a condizioni ambientali calde e umide, viene impiegato frequentemente l'indice humidex (o umidex, detto anche "indice di calore"), che calcola la temperatura percepita, tenendo anche conto dell'umidità.
Per misurare invece il disagio legato a condizioni ambientali di freddo e vento, viene impiegato frequentemente l'indice wind chill (detto anche "indice di raffreddamento"), che calcola la temperatura percepita tenendo conto anche della velocità del vento.
-Temperatura di rugiada-
Con punto di rugiada o temperatura di rugiada ("dew point") si intende la temperatura alla quale, a pressione costante, l'aria (o, più precisamente, la miscela aria-vapore) diventa satura di vapore acqueo.
In meteorologia in particolare, indica a che temperatura deve essere portata l'aria per farla condensare in rugiada, senza alcun cambiamento di pressione.
Se il punto di rugiada cade sotto 0 °C, esso viene chiamato anche punto di brina.
Qualsiasi eccedenza di vapore acqueo ("sovrasaturazione") passerà allo stato liquido.
Allo stesso modo, il punto di rugiada è quella temperatura a cui una massa d'aria deve essere raffreddata, a pressione costante, affinché diventi satura (ovvero quando la percentuale di vapore acqueo raggiunge il 100%) e quindi possa cominciare a condensare nel caso perdesse ulteriormente calore. Ciò comporta la formazione di brina, rugiada o nebbia a causa della presenza di minuscole goccioline di acqua in sospensione.
In estate essa ci fornisce un'idea immediata della sensazione di calore sul nostro organismo: temperature di rugiada superiori ai 17°C sono sintomo di una debole afa, quando invece superano i 21°C, l'afa comincia a diventare fastidiosa.
Inoltre il dew point da una rappresentazione anche di quello che è il "carburante" disponibile per lo sviluppo di temporali, più il dew point è elevato più gli eventuali fenomeni temporaleschi potranno essere intensi.
-Rain rate-
Il rain rate è la quantità di pioggia che potrebbe cadere in un determinato arco temporale se la precipitazione (durante lo stesso lasso di tempo) rimanesse d'intensità costante.
Per esprimere il rain rate viene usato come unità di misura il millimetro su ora (mm/h).
Se la stazione segnala un rain rate di 50 mm/h vuol dire che se entro un'ora la precipitazione rimanesse costante, e con la medesima intensità, allora l'accumulo pluviometrico registrato in un'ora sarebbe di 50 mm.
Questo parametro serve essenzialmente a stabilire l'intensità di un fenomeno pluviometrico: un rain rate minore di 10 mm/h significa che la precipitazione è debole, con rain rate compreso tra 11 e 20 mm/h si ha una precipitazione moderata, mentre un rain rate compreso tra 21 e 50 mm/h indica precipitazione forte.
In caso di fenomeni temporaleschi possono aversi rain rate anche superiori a 100 mm/h, che indicano precipitazione violenta o torrenziale.
Nel caso in cui il rain rate superi i 200-300 mm/h si ha frequentemente la comparsa di grandine durante la precipitazione.
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-Storm rain-
Questo parametro esprime la pioggia totale dell’ultimo evento piovoso, che può comprendere anche più giorni. Si considera l'inizio di un evento piovoso quando cadono almeno 0,5 mm di pioggia; mentre l'evento piovoso viene considerato concluso quando non si hanno precipitazioni per almeno 24 ore.
-Evapostraspirazione-
Per evapotraspirazione (ET) si intende la perdita di acqua, da parte del terreno con copertura vegetale, attraverso i processi contemporanei di evaporazione dalla superficie del suolo e di traspirazione da parte delle piante. L’evapotraspirazione può essere considerata come il processo inverso della precipitazione atmosferica e di conseguenza la sua unità di misura è la stessa (millimetri). Il rapporto tra quantità di acqua traspirata ed evaporata in un appezzamento coltivato è molto variabile in funzione dell’umidità del terreno, della specie coltivata e del suo stadio di sviluppo, della tecnica irrigua.
Nelle normali colture erbacee annuali (mais, bietola, patata) la quantità di acqua traspirata è pari a 3-6 volte quella evaporata. Sotto il profilo agronomico il concetto di evapotraspirazione è fondamentale poichè rappresenta il “consumo idrico della coltura”.
La conoscenza della ET risulta molto utile sia ai fini della problematica irrigua che per stimare la potenzialità produttiva di un territorio con disponibilità idrica nota.
Parametro importante è l’evapotraspirazione potenziale (ETp) ovvero la quantità massima di acqua che può perdere l’unità di superficie del terreno per evaporazione e/o traspirazione, indipendentemente dal tipo di coltura. Il valore di ET fornito dalle stazioni meteorologiche DAVIS è proprio ETp che dipende da: Radiazione Solare - Intensità del vento - Temperatura - Umidità Relativa.
Per evapotraspirazione effettiva (ETe) si intende la quantità di acqua effettivamente perduta da un sistema. Essa dipende ovviamente dal tipo di coltura, dallo stadio di sviluppo della pianta, dalle condizioni nutrizionali e fitosanitarie. Solitamente l’ETe è minore dell’ETp; tuttavia in certe condizioni (ambiente ventilato, piante alte con numerose stratificazioni fogliari) l’ETe può eguagliare o superare l’ETp.
Per Evapotraspirazione massima (ETm) si intende l’ETe massima raggiungibile da una coltura in condizioni ottimali. In altre parole, è il valore di ETe che corrisponde alla richiesta massima di acqua da parte della coltura considerata.
Teoricamente in condizioni di ETm le piante si trovano in condizioni fisiologiche ottimali per quanto riguarda il rifornimento di acqua e le colture tendono a fornire la massima quantità di sostanza secca.
Non sempre però questo risultato rappresenta un obiettivo perseguibile: alcune colture, infatti, quando il consumo idrico per l’intero ciclo corrisponde alla ETm, possono fornire risultati produttivi tecnicamente non soddisfacenti (es vite, pomodoro, soia).
Da qui la necessità di introdurre un coefficiente colturale Kc variabile con la pianta e con lo stadio di sviluppo, tale che ETm = Kc x ETp.
In questo caso la quantità ETm si avvicina alle esigenze idriche della pianta in ciascuno stadio del suo sviluppo; nella tabella sottostante sono elencati i valori di Kc per alcune piantagioni nella specifica fase di crescita per alcune piantagioni nella specifica fase di crescita (dati F.A.O.). Attraverso il calcolo di ETm è possibile stimare il fabbisogno di acqua per la coltivazione in un periodo di tempo selezionato. La mancanza esatta di acqua viene calcolata come uso dell’acqua per la coltivazione (ETm) meno le precipitazioni effettive.
Quindi:
FABBISOGNO IDRICO (mm) = ETm – Precipitazioni effettive
La pioggia realmente caduta (precipitazioni effettive), in termini di infiltrazione nel suolo, è influenzata da pendenze, copertura e struttura del suolo, quantità e intensità della precipitazione. La precipitazione effettiva può variare tra il 55% e il 95% del valore totale; in generale piogge inferiori ai 5 mm non riescono ad interessare gli apparati radicali poichè bagnano solo i interessare gli apparati radicali solo i primissimi cm superficiali del terreno.
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Descrizione dei Venti
Tramontana (Bòrea) è il vento freddo e secco che spira da Nord, più frequente nei mesi invernali. La Tramontana provoca un abbassamento delle temperature e apporta condizioni di bel tempo.
Bora/Greco (Grecale) è il vento mediterraneo molto freddo che soffia da Nord-Est ed è così denominato perché dall’isola di Zante soffia da Nord-Est in corrispondenza, appunto, della Grecia. D’Inverno la Bora, che nelle Regioni Centrali e Meridionali prende il nome di Grecale, è la principale responsabile delle ondate di freddo che interessano la Penisola Italiana. Generalmente al Nord e sulle Regioni Tirreniche Centrali, le correnti da Nord-Est apportano tempo freddo e asciutto con cieli sereni (Bora chiara), mentre causano precipitazioni, nevose a quote basse, sulle Regioni Centrali Adriatiche e al Meridione. A volte, le correnti da Nord Est associate alla Bora o al Grecale provengono direttamente dalla Siberia, generando intense ondate di freddo (Buran). Questo vento crea un’atmosfera più pulita e più limpida, quindi, dopo la Bora, la visibilità è ottima e il tempo e bello e sereno.
Levante (Afeliòte) è il vento dell’Est, il punto in cui il sole si leva. I fenomeni associati a questo tipo di circolazione, sono simili a quelli della Bora. D’Inverno queste correnti sono fredde, anche se non come la Bora. Durante le stagioni intermedie e in estate, le correnti da Est, possono arrivare come “infiltrazioni di aria fresca in quota”. Quando si verifica ciò il tempo diviene instabile ovunque, specialmente lungo i rilievi ed in Val Padana.
Scirocco è il vento caldo e umido di provenienza africana, che spira da Sud-Est. Etimologicamente il nome deriva dall’arabo shulūq che significa vento di mezzogiorno. Lo Scirocco è uno dei venti che più frequentemente spirano sui nostri bacini. È un vento tiepido d’Inverno e nel tardo autunno, caldo negli altri periodi dell’anno. In origine il vento di Scirocco è caldo e secco, ma poi nell’attraversamento del Mediterraneo, giunge umido sulle nostre regioni apportando nuvolosità e fenomeni specialmente sulle regioni settentrionali. Se lo Scirocco, raccoglie grandi quantità di sabbia dal Sahara, può dar luogo ad una colorazione giallognola o rossastra alle nubi e a piogge contenenti molto pulviscolo. In estate, lo Scirocco si associa spesso alla risalita dell’Alta Pressione Africana apportando intense ondate di calore associate a notevoli picchi di calore.
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Noto o Austro/Ostro, Mezzogiorno, sono i tre termini usati per indicare il vento caldo e umido che soffia da Sud. La configurazione barica e la fenomenologia associata sono molto simili allo Scirocco. È piovoso e mite durante il periodo invernale e nelle stagioni intermedie, e molto secco e caldo in estate.
Libeccio (Garbino) è il vento di Sud-Ovest, così chiamato perché spira dalla Libia. E’ uno dei venti più frequenti nel panorama meteorologico Italiano. Provoca intense precipitazioni specialmente sui versanti Tirrenici e sul Triveneto, esposti alle correnti Sud-Occidentali. È frequente durante le stagioni intermedie ed in inverno e non è molto frequente in estate. In estate, in presenza di alta pressione sul Sud Italia, le correnti di Libeccio tendono a dare effetti simili al Föhn (il Föhn/favonio è un vento di caduta caldo e secco che si presenta quando una corrente d'aria, nel superare una catena montuosa, perde parte della propria umidità in precipitazioni) sul versante Adriatico (Garbino).
Ponente (Zefiro, Éspero) è il vento che spira da Ovest (punto cardinale da cui prende il nome) e porta sin dall’antichità il nome del Titano Zefiro, fratello di Bòrea e di Noto. Il terzo nome, Éspero, è di fatto un ulteriore sinonimo e deriva dal greco hēspéra che significa “sera”. È il vento caratteristico delle perturbazioni atlantiche che attraversano il mediterraneo da Ovest verso Est e i suoi effetti sono sentiti soprattutto sul Mar Tirreno e sul Mare Adriatico centro-meridionale. Il Ponente è un vento fresco tipico dei pomeriggi estivi; così come il Libeccio può essere portatore di maltempo.
Maestro (Maestrale) è il vento forte, freddo e secco di Nord-Ovest, tipico della stagione invernale, che soffia con particolare frequenza soprattutto in Sardegna e nella Valle del Rodano, in Francia.
In un primo caso, la presenza di Maestrale può causare, più frequentemente durante il semestre caldo, un miglioramento delle condizioni meteorologiche ed una contenuta e temporanea diminuzione delle temperature, seguita da tempo anticiclonico. Nel secondo caso invece, tipico dei mesi invernali, il Maestrale può causare una marcata diminuzione delle temperature e condizioni di maltempo con pioggia, neve a bassa quota e mareggiate sulle Isole maggiori e sui versanti Tirrenici.
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